L’INTERVISTA

Parchi, città costiere, foreste e raccolti: «Rendiamo accessibili (a prezzi bassi) i dati dai satelliti per battere il climate change»

di Luca Zanini

Parchi, città costiere, foreste e raccolti: «Rendiamo accessibili (a prezzi bassi) i dati dai satelliti per battere il climate change»

Salvare un bosco, prevedere l’erosione di un litorale densamente abitato, limitare i danni di future inondazioni. E perfino studiare nuove soluzioni per i profughi climatici. Si può, grazie ai satelliti. Ma fino a ieri costava troppo. Un’inchiesta di un paio di anni fa pubblicata dal ricercatore Aleks Buczkowski aveva provato a calcolare quanto complesso e costoso fosse procurarsi immagini e dati satellitari: «Pensavo che nel terzo decennio del XXI secolo l’intero processo sarebbe stato semplice come trovare i dati, pagare e scaricare le immagini selezionate — aveva raccontato —. In realtà, il processo di acquisto si è rivelato molto più difficile. E e sembra che nessuno sia interessato a venderti i dati!». Questo perché le grandi società impegnate nei rilevamenti satellitari investono miliardi, ma lo fanno pensando ai grandi clienti.

La missione della società Satellogic, leader nella raccolta di immagini in alta risoluzione dallo spazio, è di «democratizzare» l’accesso a foto e informazioni geospaziali: i casi studio di Tunisia e Kenya. Negli ultimi anni i prezzi dei servizi da satellite sono drasticamente scesi. «Aiutiamo Ong e associazioni ambientaliste. A volte anche gratis»

«Se non sei il governo, l’esercito o Google — scriveva Renzo Carlucci su Geo for All — non c’è nessuno che si interessi a te. Sembra proprio che nessuno voglia vendere i dati a un singolo progetto». Ora la situazione va migliorando, scrive lo stesso Buczkowski su GeoAwesomeness , tanto che si possono acquistare pacchetti di dati e foto da nuove start-up, come la tedesca Up42 («Ho comprato una mappa satellitare delle Pleiadi per 32 euro, un prezzo ragionevole»). Ma non sempre è semplice identificare il fornitore giusto nei tempi richiesti. Ecco perché diventa cruciale la nuova campagna di marketing di Satellogic, società leader nella raccolta di immagini satellitari con risoluzione inferiore al metro: specialmente per tutti quei ricercatori e quelle entità che si occupano di ricerche sui cambiamenti climatici e necessitano di dati di osservazione della Terra. «La nostra missione è democratizzare l’accesso ai dati geospaziali di immagini e analisi ad alta risoluzione», spiega Matt Tirman, chief commercial officer di Satellogic. Un proposito strategico dato che il mercato dei dati dallo spazio promette di essere protagonista dell’economia globale del futuro.

Dottor Tirman attraverso la vostra piattaforma potete aiutare a studiare soluzioni urgenti a molti problemi del mondo: non soltanto il cambiamento climatico, ma anche l’approvvigionamento energetico e la sicurezza alimentare. Come siete arrivati a questa capacità di elaborazione dati? E con quanti satelliti?
«Ad oggi abbiamo 30 satelliti ad alta risoluzione e prevediamo di aumentare la nostra ‘costellazione’ tecnologica a 34 satelliti entro la primavera del 2023. La nostra mission è legata a chi ha ideato la compagnia: Satellogic fu fondata da due imprenditori argentini che pensavano ci fossero miglior modi di fabbricare satelliti di alta qualità (specie per le foto ad alta risoluzione) a costi decisamente più bassi; negli ultimi 10 anni molti dei nostri veicoli spaziali sono stati prodotti in Uruguay mentre processiamo tutti i dati in Europa e li immagazziniamo in Irlanda. La nostra forza è stata fin dall’inizio la capacità di essere agili e contenere i costi. E adesso la nostra è la prima piattaforma di osservazione della Terra (EO, Earth Observation ) scalabile e completamente automatizzata, con capacità di rimappare l’intero Pianeta sia ad alta frequenza e ad alta risoluzione».

Di fatto avete già abbattuto alcuni «muri»: dal problema dei costi a quello dei ritardi nei lanci, fino al taglio dei tempi di costruzione dei satelliti. Quali sono i piani di Satellogic per il futuro ?
«Il nostro obiettivo entro il 2025 è di essere in grado di eseguire rimappature mondiali quotidiane con una costellazione completa di 180 satelliti (ndr che diventeranno 200 entro il 2025). Se sei in grado di far questo sei in grado di segnalare nel dettaglio cambiamenti climatici quotidiani, l’impatto sul clima, sull’ambiente. Noi stiamo lavorando, dicevo, per costruire una capacità senza precedenti di catturare l’intera superficie della Terra in alta risoluzione su base giornaliera. Ci arriveremo, cominciando prima con mappature mensili, poi settimanali, fino a quelle giorno per giorno: sarà una fotografia del mondo allo stato attuale. Le sue implicazioni ed applicazioni saranno enormi anche per chi fino a ieri non poteva permettersi di acquistare dati dallo spazio. Il progetto di Satellogic è di riuscire a fornire fino a 40 rivisitazioni di punti di interesse al giorno, per migliorare la precisione e la tempestività dei processi decisionali a Terra, in tutto il mondo».

Che tipo di clienti potreste avere e per quali esigenze, tra i ricercatori che non fanno parte di grandi organizzazioni nazionali o internazionali? Intendo: in che modo riuscirete a democratizzare il commercio dei dati da satellite? E con quali prezzi al pubblico?
«Se il mercato sul fronte clientela era fino a pochi anni fa dominato da governi (Usa Europa, Giappone e Australia tra i primi 8in termini di budget a disposizione), adesso la situazione è radicalmente mutata: noi abbiamo rapporti sempre più frequenti con nuovi Paesi emergenti con nuovi programmi spaziali in via di sviluppo. Questi nostri clienti possono - grazie ai dati che forniamo loro - capire meglio l’impatto della deforestazione o della cementificazione, o delle migrazioni , e possono proteggere meglio i propri confini, analizzando le osservazioni da satellite. A prezzi davvero abbordabili. Per questo siamo utili anche ai singoli team di ricercatori e alle organizzazioni non governative (Ong) che studiano il clima, i disastri naturali e i problemi legati a crisi umanitarie, così come alle tante compagnie che usano i dati in agricoltura o nella produzione di energie. I satelliti possono davvero fare la differenza nel loro lavoro. I costi? Sono variabili: dipendono anche dall’urgenza».

Una delle numerose foto satellitari fornite alla Tunisia da Satellogic nell’agosto 2022, per lo studio  degli incendi nel Nord del Paese: qui l’area di Siliana  dove il clima estremamente secco e caldo causò molti roghi boschivi nel Parco Nazionale di Djebel Serj. L’area ospita alcune  specie arboree più importanti come il pino d’Aleppo e l’acero di Montpellier, oltre a un patrimonio di fauna selvatica. I dati di Satellogic supportano i responsabili della conservazione delle foreste nel tracciare i cambiamenti dopo gli incendi boschivi e nel monitorare il processo di rigenerazione e/o la pianificazione del ripristino Una delle numerose foto satellitari fornite alla Tunisia da Satellogic nell’agosto 2022, per lo studio degli incendi nel Nord del Paese: qui l’area di Siliana dove il clima estremamente secco e caldo causò molti roghi boschivi nel Parco Nazionale di Djebel Serj. L’area ospita alcune specie arboree più importanti come il pino d’Aleppo e l’acero di Montpellier, oltre a un patrimonio di fauna selvatica. I dati di Satellogic supportano i responsabili della conservazione delle foreste nel tracciare i cambiamenti dopo gli incendi boschivi e nel monitorare il processo di rigenerazione e/o la pianificazione del ripristino

Quanto tempo passa tra l’osservazione e la comunicazione ed elaborazione a Terra dei dati raccolti dallo spazio?
«Con 30 satelliti possiamo passare tante volte al giorno sugli stessi punti del globo. E abbiamo un network di stazioni di ricerca a Terra con cui siamo collegati: noi catturiamo i dati e li trasmettiamo in tempi stretti, loro li elaborano. Il passaggio dei data-package è davvero molto veloce, e l’urgenza dipende dai casi. Può essere questione di minuti, come ha dimostrato il recente conflitto in Ucraina: dai satelliti i dati vanno ai centri di analisi Nato e Usa o agli altri alleati occidentali che sostengono il governo dell’Ucraina. E fanno la differenza sul campo. Quanto agli usi civili, noi possiamo trasmettere i dati raccolti dai nostri satelliti anche in meno di 3 ore. Tuttavia molti clienti non hanno bisogno di questa velocità e quindi aspettano anche da 6 a 12 ore. In compenso pagano meno il pacchetto dati. I prezzi dicevano: sui siti online puoi trovare pacchetti di dati satellitari a partire da 3 dollari per km quadrato (per foto d’archivio) fino a 8 dollari per km quadrato. In genere il prezzo medio per una richiesta è di 200 dollari. Accessibile a tutti. E’ questo che intendiamo quando parliamo di democratizzare i dati satellitari: perché soltanto due anni fa i prezzi erano molto più alti e solamente i governi potevano permetterseli».

Di fatto sembra che il mercato si stia autoregolamentando e la democratizzazione sia già in corso. E’ corretto?
«Molte Ong usano oggi i nostri dati oggi: ad esempio siamo partner dell’International disaster charter group (ndr. che segue le emergenze da sismi, cicloni, uragani, grandi frane e perfino dispersione in mare di idrocarburi legate agli incidenti delle petroliere). Durante il catastrofico terremoto in Turchia abbiamo collaborato fornendo dati e fotografie nel giro di un’ora. Siamo in stretto contatto anche con organizzazioni che combattono il traffico di esseri umani negli Usa e nel resto del mondo: quindi tracciamo anche imbarcazioni nei mari. Eppoi lavoriamo a molti progetti per la ricerca sugli impatti del surriscaldamento globale e dei cambiamenti climatici. Per le Ong offriamo prezzi davvero scontati rispetto agli standard; a volte forniamo dati anche gratuitamente».

Un’immagine catturata dal satellite  NewSat-15  nel marzo 2022 e fornita da Satellogic ai ricercatori del Kenya: mostra la diga di Nairobi. Attraverso le ripetute osservazioni satellitari, nell’arco di un anno si è potuta osservare la variazione dei livelli  dell’acqua nel bacino artificiale; le immagini  ad alta risoluzione  consentono agli analisti di ricavare informazioni critiche per  migliorare la manutenzione della diga e  la gestione delle risorse idriche Un’immagine catturata dal satellite NewSat-15 nel marzo 2022 e fornita da Satellogic ai ricercatori del Kenya: mostra la diga di Nairobi. Attraverso le ripetute osservazioni satellitari, nell’arco di un anno si è potuta osservare la variazione dei livelli dell’acqua nel bacino artificiale; le immagini ad alta risoluzione consentono agli analisti di ricavare informazioni critiche per migliorare la manutenzione della diga e la gestione delle risorse idriche

Avete mai studiato il movimento di barconi e gommoni nel Mediterraneo, per tracciare i movimenti dei migranti?
«Al momento cerchiamo di non occuparci di questioni di competenza governativa, non tracciamo direttamente le organizzazioni criminali. Ma in passato abbiamo svolto indagini per salvare vite di profughi dall’Afghanistan dopo il ritiro delle truppe Usa: le nostre immagini hanno agevolato gli aiuti agli afghani e agli occidentali che erano rimasti indietro. Invece nell’area mediterranea studiamo i dati relativi alle emergenze ambientali e altri aspetti del fenomeno migratorio».

Nell’orbita terrestre bassa dovrebbero esserci attualmente circa 5mila satelliti, di cui 2 mila e 600 ancora operativi. Non sono troppi? E chi sono i vostri concorrenti più importanti?
«Non parlerei di troppi satelliti. Non è quello il problema. Dobbiamo pensare alle costellazioni di satelliti in orbita come a una comunità a cui possono servire ancora più veicoli, con tecnologie più evolute, ma nella quale sia chiara la responsabilità di garantire che la tecnologie in orbita non siano un pericolo per nessuno. Nel frattempo l’evoluzione delle tecnologie si fa interessante là fuori: entro 3 o 4 anni saremo in grado di lanciare satelliti capaci di de-orbiting, cioè con sufficiente carburante per rientrare a Terra dall’orbita quando servisse, senza andare distrutti; nei prossimi 5-10 anni avremo satelliti-spazzini che possono raccogliere rifiuti nello spazio e triturarli, riciclarli o convertirli. Quanto ai concorrenti, noi non ne abbiamo: quando la compagnia fu fondata non volevamo far concorrenza a nessuno,perché c’era un mercato così vasto... ma quando hai abbastanza satelliti in orbita sei in grado di fornire dati in modo davvero efficiente il mercato si modifica: in Western Australia, dove si è dimostrato che usare droni e aerei è davvero troppo costoso, il mercato dei dati satellitari è esploso. Laggiù, governi locali e compagnie minerarie chiedono informazioni dallo spazio. E i satelliti possono essere risolutivi».

Eutelsat e Oneweb stanno per fondersi, per competere con Starlink (Elon Musk) e Project Kuiper (Amazon): quali sono le differenze tra la vostra azienda e i big della ricerca spaziale sulla Terra?
«Non posso dire troppo di queste compagnie, sono impegnate a fornire dati sensibili e critici e connettività anche sul piano militare. Ma anche loro sono effettivamente impegnate a far scendere i prezzi e democratizzare i dati satellitari. Più che di competizione parlerei di complementarietà. Noi siamo più focalizzati nel sviluppare l’alta qualità delle immagini della Terra e a fornirle quindi a compagnie e organizzazioni non governative che nel mondo vogliono usarle per capire meglio come affrontare gli eventi climatici estremi, come affrontare le conseguenze del climate change su scala locale, come proteggere foreste e raccolti. I satelliti per l’osservazione della Terra consentono oggi una copertura continua dei disastri, fornendo informazioni scalabili e tempestive per migliorare le decisioni sul campo. Ma il lavoro di connessione che stanno realizzando i grandi gruppi sarà utile anche a noi per fornire i dati delle nostre osservazioni ai clienti».

Possiamo fare qualche esempio di dati che possono salvare tesori ambientali o prevenire catastrofi sul Pianeta?
«Sì. Uno degli aspetti interessanti di questo lavoro con i satelliti è che ogni giorno prendiamo immagini di qualsiasi cosa — dall’impatto del clima sulle più importanti aree costiere all’effetto della deforestazione o alla situazione nei sobborghi delle grandi metropoli in Africa — e le passiamo a organizzazioni locali di cui non faccio il nome perché altrimenti parrebbe che vogliamo farci pubblicità con il loro lavoro. Ma le immagazziniamo anche in grandi archivi accessibili (a basso costo) che saranno utili a governi, Nazioni Unite, organizzazioni internazionali. Comunque ribadisco che i nostri dati servono a studiare l’impatto del clima, dei disastri naturali... e che siamo certi in questo modo stiamo aiutando a creare un ecosistema di ‘magazzini analitici’ di grande valore per trasformare dati in azioni. Per usare i dati per proteggere le coste, pianificare gli sviluppi urbanistici, tutelare le foreste e anche le persone. Più dati raccoglieremo al minor costo possibile e più sarà facile combattere le battaglie per l’innovazione e per un mondo migliore».

Può parlarci del vostro coinvolgimento in progetti ambientali in Tunisia e Kenya? Ce ne sono altri che riguardano l’Europa?
«Lavoriamo con tanti partners in quei Paesi. In Tunisia numerosi nostri partner stanno affrontando una serie di problemi critici legati al climate change, specie nelle aree sahariane. Poi li aiutiamo a controllare l’impatto dell’inquinamento nelle città e del livello delle acque marine sulle coste. Possiamo anche monitorare le migrazioni di uomini nelle aree desertiche. Simili problemi li affrontano in Kenya. E ogni mese che passa i dati da satellite diventano più facilmente accessibili: questo significa per chi usa questi dati che hanno più strumenti per sapere dove intervenire. Per questo diventerà sempre più interessante e coinvolgente la professione di vendere dati scientifici dallo spazio».

Considerando tutte le informazioni sulla siccità e le inondazioni che raccogli dallo spazio, potete tracciare una mappa delle migrazioni climatiche attuali e future?
«Non è il nostro lavoro. Non facciamo analisi, ma con i nostri dati ci sono compagnie in grado di utilizzare software per mappare le migrazioni climatiche. E ancora una volta non posso fare i nomi. Ma lavoriamo con tanti software provider che possono fare questo genere di analisi e possono aiutare chi se ne occupa a monitorare e prevedere le migrazioni dovute al climate change o ad altri fattori sociali ed economici collegati alla Terra che cambia».